Conversion Rate Optimization: di cosa stiamo parlando?

15 Novembre 2019

di Lara Vedovato

Indice

Se ti stai chiedendo se vale la pena leggere questo post, ti diciamo che può aiutarti a:

 

  • capire in che cosa consiste la CRO
  • valutare se il tuo sito sta convertendo come potrebbe (dovrebbe)

 

Su un punto penso che potremmo essere tutti d’accordo: un sito internet non è scolpito nella pietra.

 

Eppure, quando si affronta la progettazione di un sito più o meno complesso, di una landing page, di un e-commerce, il risultato è frutto di un processo talmente lungo da risultare quasi estenuante per tutte le parti coinvolte. E pensare di rimettere in discussione i testi, la value proposition, la posizione delle call-to-action… impensabile. Tanto più che se a proporre le modifiche è chi ha progettato il sito, peggio ancora: “se mi hai dato una determinata soluzione è perché questa fosse definitiva, immutabile!”

 

Ma forse le cose non stanno esattamente così.

 

Ormai lo sappiamo tutti a memoria: il consumatore ha cambiato le modalità di interazione con i brand e le aziende, i touchpoint si moltiplicano, le aspettative crescono… e in tutto questo, diventa chiaro che pretendere che una pagina web sia sempre uguale a sé stessa è un controsenso. E allora che si fa?

 

A questo punto chiamiamo in causa la CRO, che sta per Conversion Rate Optimization, ovvero, come dice la parola stessa, è “la pratica di aumentare la percentuale di utenti che eseguono un’azione desiderata su un sito Web. Le azioni desiderate possono includere l’acquisto di un prodotto, l’iscrizione a un servizio o il clic su una call-to-actions.” (la definizione è di Hotjar, uno dei tool più utili per raccogliere dati sull’esperienza utente ai fini della CRO).

 

Insomma: se voglio che il traffico che con grande impegno ho portato sul mio sito (campagne ads, SEO, attività sui social…) non rimanga fatto di meri spettatori ma inizi a trasformarsi in contatti realmente coinvolti, dovrò pur aver ragionato sui percorsi di conversione da offrirgli. E sono proprio gli elementi di questi percorsi di conversione a non essere immutabili. Il sito è un po’ una creatura vivente: cresce adattandosi al suo pubblico, ai competitors, alle novità dal mercato…

Ma quindi fare CRO, alla fine, cosa significa?

Prima di tutto, significa essere certi di aver progettato la landing page o il sito considerando tutti gli elementi fondamentali per una user experience efficace:

 

  • Hai mai chiesto direttamente ai tuoi clienti o potenziali tali cosa si aspettano di trovare nel tuo sito? O l’hai costruito solo tramite supposizioni interne o, peggio ancora, pensando a quello che tu volevi dire di te stesso?
  • Stai comunicando la tua value proposition in modo chiaro ed esplicito? Rappresenta l’unicità della tua offerta in modo distintivo rispetto ai tuoi concorrenti?
  • Sono presenti delle call-to-actions evidenti, coerenti e che motivino davvero il contatto ad eseguire un’azione? C’è un ordine gerarchico tra l’una e l’altra?
  • percorsi di navigazione tra le pagine del sito sono proposti in modo semplice e “naturale”?
  • Stai tracciando le azioni degli utenti nel tuo sito? Hai un tool che ti permetta di sapere su quali pulsati hanno cliccato, su quali contenuti della pagina si sono soffermati e come si muovono tra le pagine del sito?

 

Se hai già risposto sì a tutte le domande qui sopra, sei già prontissimo per iniziare ad analizzare i dati che hai raccolto e iniziare a testare le piccole migliorie che dai dati arriveranno. Se invece c’è più di qualche punto da rivedere, la CRO inizierà proprio da qui, con un primo intervento di sistemazione degli asset “traballanti”.

 

Gli step fondamentali per fare CRO

1. Verifica le tue supposizioni

 

Valida le tue supposizioni analizzando quali sono i fattori che portano gli utenti a visitare il tuo sito. Chiedi alle tue Personas ciò che si aspettano dal tuo sito web attraverso una survey online (un suggerimento: continua a raccogliere le risposte fino a raggiungere un numero che abbia senso per il tuo traffico, ad esempio, se hai poco traffico, potrebbero essere sufficienti 100 risposte chiare).

 

2. Analizza il tuo funnel di conversione

 

La funnel analysis è un metodo utilizzato per visualizzare e mappare il flusso dei visitatori attraverso una serie di pagine Web o eventi. Per costruire la canalizzazione, inizia dalla pagina più importante (ad esempio, quella che porta più affari) e lavora all’indietro per identificare le pagine principali che portano le persone in quel punto. Ecco alcuni esempi di funnel da monitorare:

 

  • E-commerce: homepage > pagine dei prodotti > carrello > checkout > pagina di ringraziamento
  • Blog: homepage > pagine degli articoli > pagina di iscrizione > pagina di ringraziamento
  • Lead generation: pagina di prodotto/servizio > pagina di contatto con form > pagina di ringraziamento

3. Monitora gli abbandoni degli utenti

 

Analizza i punti dove i tuoi utenti abbandonano il percorso di conversione identificando le tue pagine di uscita e, soprattutto su queste, come vengono fruiti i contenuti. Le heatmap sono strumenti utili che permettono di registrare dove si concentra l’attenzione dell’utente nella pagina, dove clicca, scrolla… Assicurati di indagare soprattutto i punti dove l’utente:

 

  • esita quando esegue un’azione
  • sperimenta problemi di caricamento su dispositivi/browser
  • interagisce con pulsanti o elementi cliccabili
  • incontra bug e/o errori

 

Ricorda: è fondamentale raggiungere un volume di dati utili prima di iniziare ad interpretare i risultati della funnel analysis: pagine con una media di 10 visite al mese difficilmente forniranno un campione sufficientemente attendibile.

 

4. Studia le pagine con le performance migliori

 

Allo stesso modo, analizza le pagine che funzionano meglio, per raccogliere best practice utili. E valida le teorie con una survey post acquisto/conversione.

 

Ottimizza il tuo sito, per i tuoi utenti

A questo punto, dovresti avere una mole importante di informazioni che ti permetterà di iniziare a intervenire sul sito. Per farlo, la cosa migliore è procedere con degli A/B test per intervenire in modo graduale validando step by step le ipotesi migliorative. È un processo iterativo: ad ogni modifica corrisponde una raccolta dati e, sulla base delle informazioni raccolte, delle azioni da intraprendere.

Con l’obiettivo di arrivare a questo:

 

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Scritto da

Lara Vedovato

Mi occupo di SEO (Search Engine Optimization) dal 2002. Fortemente orientata al raggiungimento dei risultati e alla loro qualità, analizzo le performance legate alla digital e alla sales strategy.

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